Sostenibilità e Innovazione: Come Ricavare Acqua dall’Aria con Sistemi Peltier Alimentati da Fotovoltaico

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Condensa l’aria che passa sul suo dissipatore raffreddato da una cella di Peltier ricavando acqua dall’umidità; è una sorta di deumidificatore che può funzionare alimentato da fotovoltaico per avere acqua dove non c’è.

Da alcuni anni quando arriva l’estate ci si pone il problema della siccità, che non è ormai più un problema solo del Sud Italia o delle Isole Maggiori, perché tocca, per non dire pervade, anche le regioni del Centro Nord: bacini e corsi d’acqua quasi in secca x restrizioni al consumo dell’acqua potabile e viene da chiedersi dove finisca quella immensa quantità del prezioso liquido di cui il mondo sarebbe ricco.

Ebbene, la risposta l’abbiamo intorno e addosso a noi quando ci sentiamo appiccicaticci nelle giornate di caldo afoso: nell’aria umida, che è tale a causa dell’elevato tasso di umidità che contiene. Già, perché l’umidità non è altro che vapor d’acqua sospeso nell’aria.

Proprio il fatto che l’aria d’estate è spesso molto umida, in special modo nelle zone pianeggianti, vicino ai laghi e al mare, con qualche artificio possiamo chiederle di darci un po’ di quell’acqua che contiene e naturalmente possiamo farlo non con una parola gentile, ma con l’aiuto dell’elettronica: come dimostra il progetto proposto in queste pagine, è possibile forzare la condensa dell’umidità per poi raccoglierla in un contenitore e utilizzarla, per esempio, per annaffiare le piante.

Il relativo processo è uguale a quello su cui si basano i deumidificatori di ambienti, solo che qui ci baseremo su un sistema refrigerante allo stato solido, dove al posto dell’evaporatore e della pompa di calore c’è una cella di Peltier.

Ma vediamo subito di cosa si tratta: per condensare l’umidità concentrata nell’aria dobbiamo disporre di un corpo freddo, in modo che quando l’aria stessa entra in contatto con esso non solo gli cede calore, ma se la temperatura della zona di contatto è pari o inferiore al cosiddetto “punto di rugiada” il vapore acqueo di cui l’aria è “intrisa” in varia misura condensa diventando acqua.

Il punto di rugiada (altrimenti noto nel linguaggio tecnico internazionale come Dew Point) è la temperatura alla quale il vapore acqueo in sospensione che determina l’umidità dell’aria condensa e, contrariamente a quanto verrebbe intuitivo pensare, non è costante ma dipende sia dalla temperatura dell’aria (e quindi da quella del vapore) sia dall’umidità relativa dell’aria stessa (ossia dalla concentrazione di acqua in sospensione.

Per averne un’idea potete guardare la Tabella 1, che indica la temperatura alla quale avviene la condensa del vapore acqueo in base a vari valori di umidità relativa e temperatura dell’aria.

Tabella 1 Punto di rugiada per vari valori di umidità e temperatura dell’aria.

 

Nel nostro sistema AWG (Atmospheric Water Generator) avviene proprio la condensa, ad opera di un dissipatore di alluminio di forma alettata, accoppiato termicamente al lato freddo di una cella di Peltier da 51W alimentata a 12Vcc e introdotta di un blocco dissipatore per cella di peltier 40×40 mm commercializzato dalla Futura Elettronica (codice prodotto 2846-DISSIPELTIER) composto da un radiatore di calore in alluminio (80x80x30 mm) per il lato freddo e un secondo radiatore in alluminio (60x45x16 mm) per quello caldo. Il modulo consente il montaggio a sandwich con in mezzo la cella di Peltier fissata mediante un foglio adesivo ad alto potere di scambio termico.

Per aumentare l’efficienza di condensazione, il modulo a celle di Peltier è alimentato da un circuito in grado di regolarne la potenza e quindi la temperatura del lato freddo; inoltre creiamo un flusso d’aria lungo le alette del dissipatore sul lato freddo, così da aumentare la massa di umidità che entra in contatto con la zona fredda e che può condensare.

Tutto questo viene realizzato grazie a una scheda elettronica di controllo che ora descriveremo, la quale pilota, oltre alla cella di Peltier, un’elettroventola.

Cosa sono le Celle di Peltier

La cella di Peltier è un componente elettronico che presenta una differenza di temperatura tra le sue due superfici quando viene attraversato da una corrente elettrica: alimentando i suoi due terminali la cella scalda una delle sue facce (che perciò prende il nome di lato caldo) e raffredda l’altra (che prende così il nome di lato freddo).

Si presenta come come un wafer di forma rettangolare o quadrata delimitato da due lamine che racchiudono un reticolo di colonnine quadrate; le lamine sono composte entrambe di allumina, un materiale ceramico sintetico ad alta conducibilità termica, solo che mentre quella del lato freddo è naturale l’altra (lato caldo) è sovente rivestita da uno strato di rame.

Nella sua forma elementare, la cella è composta dalla giunzione fra due differenti metalli, saldati insieme; la struttura è fatta in modo da lasciare esposta la giunzione, che appoggia su una lamina di materiale termicamente conduttivo.

Per comprendere il funzionamento delle celle bisogna considerare che i metalli hanno gli elettroni periferici che “ballano sulla superficie” e tale movimento diviene tanto più evidente quanto più li si scalda. Unendo due elementi metallici di diversa natura, la differenza nella loro struttura atomica determina, ai capi della giunzione che ne deriva, una piccolissima differenza di potenziale.

Nel caso dei metalli, se hanno differente valenza la loro giunzione registra uno scompenso, dovuto al fatto che quello con maggiore valenza assume carica leggermente positiva.

La differenza è debolissima e cresce all’aumentare della temperatura, perché più si scaldano i metalli, più energia viene fornita agli elettroni, già debolmente legati ai rispettivi atomi.

La giunzione siffatta presenta un’altra caratteristica: riscaldandola, la differenza di potenziale ai suoi capi non solo aumenta, ma lo fa in base a quale dei due lati viene scaldato. Ciò avviene per quello che si chiama effetto Seebeck, così chiamato dal fisico T.J. Seebeck, che lo scoprì nel 1821.

L’effetto Seebeck è reversibile, perché facendo attraversare la struttura dalla corrente, a seconda del verso un lato si scalda e l’altro si raffredda.

La differenza di temperatura tra i due lati è tanto più consistente quanto più elevata è la corrente che attraversa la giunzione. Tale fenomeno prende il nome di effetto Peltier, in omaggio a Jean Charles Peltier che lo scoprì nel 1834.

Purtroppo le giunzioni di metallo non permettono di ottenere sostanziali differenze di temperatura tra il lato caldo e quello freddo; la svolta si è verificata con i semiconduttori, che presentano una minore conducibilità termica e un maggior salto di potenziale, tanto da consentire quelle che oggi conosciamo come celle di Peltier, nelle quali una cella elementare, ossia un singolo elemento del reticolo che costituisce quella che usualmente si definisce cella di Peltier, è composto da una giunzione PN non rettificante.

La cella elementare di Peltier a semiconduttore è una saldatura fra pezzi di silicio, ossia una sorta di doppia giunzione PN composta da un blocchetto drogato con impurezze trivalenti e due a drogaggio N (impurezze pentavalenti); la superficie della giunzione è appoggiata a un placca termicamente conduttiva (di metallo) che realizza la connessione elettrica tra i blocchetti P e N adiacenti.

Le giunzioni non sono come quelle dei diodi o dei transistor, quindi non si crea la regione di svuotamento.

Applicando agli estremi liberi di questo diodo una differenza di potenziale che sia positiva sulla regione drogata P e negativa sulla N, la superficie esterna (cioè quella libera) della prima diventa fredda e quella della N anche; si scalda, invece, l’elettrodo metallico che unisce i due pezzi di semiconduttore. Invertendo la polarità, la parte metallica si raffredda e le zone P ed N esterne si riscaldano.

Il semiconduttore a drogaggio P (quindi povero di elettroni liberi) si scalda dal lato dal quale esce la corrente e si raffredda da quello nel quale, invece, la corrente entra; il semiconduttore drogato N (ricco di elettroni liberi) si scalda dalla parte dalla quale la corrente entra e si raffredda da quella da cui la corrente esce.

La cella di Peltier a semiconduttore è l’insieme di tre blocchi, di polarità alternata: P/N/P o N/P/N, i cui estremi ricevono la tensione di alimentazione e le cui giunzioni sono girate una in alto e l’altra in basso. Il comportamento termico della cella di Peltier a semiconduttore si spiega considerando che in una struttura composta da due tipi di semiconduttore una maggiore densità di elettroni da una parte rispetto all’altra provochi una differenza di temperatura; per l’esattezza, dove ci sono più elettroni si produce più calore, dovuto all’energia posseduta da ciascuno, mentre dal lato dal quale gli elettroni vengono sottratti, la temperatura cala.

Quindi, alimentando la struttura P/N/P mostrata nella Fig. A in modo che la regione a sinistra sia positiva rispetto a quella di destra, le zone in basso divengono calde e quella in alto fredda; viceversa, polarizzando la cella di Peltier in modo che la corrente entri dal blocco di semiconduttore drogato P di destra ed esca da quello a sinistra, la parte metallica in alto diventa calda e quelle in basso fredde.

Il discorso sulla corrente sembrerebbe contraddittorio, in quanto, come appena spiegato, il semiconduttore drogato N scalda dalla parte in cui riceve corrente e quello P lo fa dalla parte opposta. Il comportamento si spiega considerando che il verso convenzionale della corrente va dal polo positivo al negativo del generatore, ma gli elettroni scorrono in senso opposto.

Dunque, il verso reale della corrente è l’opposto di quello convenzionale e va dal negativo al positivo.

Per quanto riguarda le regioni a drogaggio N, il comportamento è speculare: se ricevono elettroni dal negativo del generatore o da una regione P, tendono a scaldarsi, tanto più quanto minore è la distanza dal negativo o dalla predetta zona P.

Invece, se cedono elettroni per effetto della vicinanza del positivo del generatore o della zona P verso cui la polarizzazione
spinge le cariche negative vanno raffreddandosi, proprio a causa della perdita di attività e del fatto che esse, non ricombinandosi, non cedono l’energia che posseggono e quindi non liberano calore; anzi, ne assorbono.

Nella pratica una struttura P/N/P da sola non serve a molto, perché la differenza di potenziale ottenibile da una sola cella è irrisoria, come lo sono la quantità di calore e il salto termico (differenza di temperatura tra il lato caldo e quello freddo) ottenibili.

Per ovviare a tali limitazioni si realizzano strutture composte, realizzate ponendo in serie tante celle elementari; ecco perché quei componenti che si trovano in commercio sotto il nome di celle Peltier sono in realtà composte da tante piccole celle collegate tra loro in serie e parallelo.

 

Schema elettrico

Il circuito che controlla il funzionamento del sistema di estrazione dell’acqua dall’aria è meglio descritto dallo schema elettrico che vedete in queste pagine ed è basato sull’utilizzo di una scheda Arduino Nano o compatibile, montata su un PCB che supporta essa, uno shield con display LCD 16×2 caratteri alfanumerico e pulsanti, oltre ai due moduli che utilizziamo per il controllo della cella di Peltier (montata sul modulo dissipatore suaccennato) siglato MOSDRIVER (Futura Elettronica) e basato su MOSFET, per rilevare temperatura e umidità (sensore cod. GY213V della Futura Elettronica) interfacciato ad Arduino Nano tramite una breakout board (cod. LLCONBI) che adatta i livelli da 3,3 volt con cui essa funziona a quelli TTL (pertanto 0/5V) caratteristici di Arduino.

Analizziamo dunque lo schema elettrico, dove identifichiamo Arduino Nano con la sigla U1, i cui pin sono portati su degli header standard Arduino UNO in modo da poter montare degli shield; nel caso specifico, sulla scheda e relativi header montiamo uno shield LCD keypad reperibile presso Futura Elettronica con il codice prodotto SHIELD-LCD che farà da interfaccia utente consentendoci sia di visualizzare i parametri operativi del sistema, sia di effettuare le impostazioni del caso, ovvero di ripristinare quelle iniziali.

Lo shield è dotato di un display LCD 16×2 con caratteri bianchi, retroilluminazione blu, trimmer per la regolazione del contrasto, 6 pulsanti (Up, Down, Left, Right, Select e Reset) e nel nostro caso si interfaccia ad Arduino Nano mediante gli header Arduino UNO, utilizzando la linea analogica AD0 per leggere i pulsanti grazie a una particolare connessione a scala di resistenze e tramite le linee digitali D4÷D7 per l’invio dei dati/comandi al controller dell’LCD e D8, D9 per le linee di reset ed enable, sempre dell’LCD.

Il controllo della cella di Peltier viene ottenuto generando e rendendo disponibili sul pin D11 degli impulsi rettangolari PWM che pilotano il modulo driver a MOSFET siglato U2 nello schema elettrico; l’uscita di quest’ultimo (OUT+/OUT-) ovvero la morsettiera 1-2, si collega ai due fili del modulo Peltier.

Per poter correttamente impostare la temperatura del lato freddo della cella di Peltier, Arduino Nano deve conoscere temperatura e umidità ambiente, così da definire il punto di rugiada da raggiungere; allo scopo nel circuito è presente la breakout board sensore di temperatura e umidità HTU21D che vedete nella Fig. 1 e che nello schema elettrico è siglata U4.

Fig. 1 Breakout board basata sull’HTU21D.

 

 

Questa breakout board è basata sulll’integrato sensore di temperatura e umidità digitale HTU21D dotato di interfaccia I²C-Bus.

Il suo range di misura della temperatura va da -40°C a +125°C, mentre quello dell’umidità relativa da 0%RH a 100% RH. Per la misura della temperatura garantisce una precisione di ± 0,3 °C, mentre per il rilevamento dell’umidità ha una precisione di ± 2% RH @25°C (dal 20% all’80% di RH).

La breakout board richiede un’alimentazione di 3,3 Vcc ed assorbe meno di mezzo milliampère, che si riduce a 0,02 µA mettendo l’integrato nella modalità sleep da esso supportata.

L’integrato HTU21D è un sensore combinato incapsulato in package SMD DFN e quindi molto comodo da utilizzare già montato su breakout board; fornisce segnali calibrati e linearizzati in formato digitale su bus I²C, sul quale si comporta come unità Slave.

Supporta una funzione di rilevamento della tensione di alimentazione, indicando quando è troppo bassa per garantire un funzionamento affidabile e la comunicazione è resa più affidabile grazie a un checksum inserito nelle stringhe scambiate con il microcontrollore (Master) che nel nostro caso è quello di Arduino.

La risoluzione del sensore può essere modificata tramite un comando di configurazione su I²C-Bus (8/12 bit fino a 12/14 bit per RH/T).

Siccome l’HTU21D opera a 3,3V e la sua interfaccia I²C-Bus è compatibile solo con livelli logici 0/3,3V, per collegarla ad Arduino nano abbiamo dovuto interporre una breakout board adattatrice bidirezionale di livelli logici che nello schema elettrico è siglata U3.

La breakout adattatrice di livelli dispone di quattro linee, ovvero 4 pin per il lato a 5V e altrettanti per il lato a bassa tensione, con due ingressi e due uscite per ogni lato: LV sono le linee del lato a bassa tensione, mentre per HV si intendono le corrispondenti sul lato a tensione maggiore (tipicamente a 5 Vcc).

La disposizione dei due moduli appena descritti sulla scheda di controllo è ben visibile nella Fig. 2, che riporta il complesso escluso il cablaggio, il modulo Peltier e l’elettroventola, questi ultimi collegati tramite le apposite morsettiere.

 

Fig. 2 La scheda completa.

 

La breakout board basata sull’HTU21D non è l’unico sensore di temperatura presente nella scheda, perché Arduino Nano si avvale di un termistore NTC da 100 kohm, applicato sul dissipatore del lato freddo della cella di Peltier (Fig. 3), per verificare a che temperatura lavora e quindi avere un feedback sul punto di rugiada impostato da menu tramite display e pulsanti dello shield.

 

Fig. 3 Il modulo Peltier: i fili rosso e nero sono perl’alimentazione, mentre i due bianchi collegano l’NTC,applicato con del grasso di silicone al dissipatore del lato freddo.

 

Il termistore si connette alla morsettiera siglata NTC e va a fare partitore con la resistenza R1, alimentata dalla linea +5V di Arduino Nano, filtrata tramite il condensatore C2. La tensione risultante dal partitore, inversamente proporzionale alla temperatura, viene letta tramite il pin analogico A1 e consente al firmware di sapere a quale temperatura si trova il lato freddo della cella di Peltier, così da intraprendere eventuali azioni correttive.

L’alimentazione principale dell’intero circuito deve essere a 12÷13Vcc e viene applicata tramite una morsettiera bipolare (+/- PWR); la tensione in entrata viene filtrata dai condensatori C1 e C3, per poi essere applicata sia alla morsettiera di alimentazione dell’elettroventola (costantemente attiva e utilizzata sia per raffreddare il dissipatore lato caldo della cella di Peltier, sia per creare il flusso d’aria che richiama l’aria da condensare) sia agli header e quindi al pin Vin (filtrato dall’elettrolitico C4) della scheda Arduino Nano, rispetto a GND.

La linea di alimentazione proveniente dalla morsettiera +/-PWR viene portata pari-pari anche alla morsettiera d’ingresso (nel nostro caso la rimuoveremo) del driver a MOSFET per la cella di Peltier.

Al resto delle tensioni di alimentazione, quindi i 5 volt per le breakout board e la rete di cui fa parte la NTC, oltre ai 3,3V per la breakout adattatrice di livello e per quella con HTU21D, provvede U1 con i suoi regolatori interni a 3,3 e 5V.

Realizzazione pratica

Elenco Componenti:

R1: 100 kohm
C1, C2: 100 nF ceramico
C3: 1000 µF 16 VL elettrolitico
C4: 100 µF 16 VL elettrolitico
U1: Arduino Nano o Compatibile
U2: Modulo mosfet (cod. MOSDRIVER)
U3: Modulo adattatore di livello (cod. LLCONBI)
U4: Sensore Temperatura/Umidità (cod. GY213V) 
Varie:
- Strip femmina 4 vie
- Strip femmina 6 vie (2 pz.)
- Strip femmina 15 vie (2 pz.)
- Morsetto 2 vie passo 5.08 mm (3 pz.)
- Strip femmina 6 vie per Arduino
- Strip femmina 8 vie per Arduino (2 pz.)
- Strip femmina 10 vie per Arduino
- Strip maschio 4 vie
- Circuito stampato S1690 (80x106 mm)

 

Giunti a questo punto possiamo spendere qualche paragrafo per descrivere la costruzione del nostro sistema, che prevede sia la preparazione della scheda elettronica di controllo, sia l’assemblaggio del modulo Peltier e della struttura meccanica da noi pensata, realizzata in comune plastica o policarbonato.

Per l’elettronica abbiamo disegnato un circuito stampato a doppia faccia per collegare il tutto, del quale trovate il relativo file Gerber nella sezione download di questo articolo; scaricatelo e utilizzate il servizio PCBPRODUCTION di Futura Elettronica che vi consentirà di avere un circuito con i fori metallizzati per la connessione tra le piste del lato componenti e del lato rame oltre che a una basetta del colore che vorrete completa di serigrafia.

Realizzato il PCB potete inserire e saldare per prima la resistenza R1 e poi i pin-strip che occorrono a sostenere e collegare le breakout board sensore di temperatura e umidità, adattatore di livelli e driver a MOSFET con Arduino Nano, nonché la stessa scheda Arduino.

Montate poi altri strip femmina per realizzare gli header standard Arduino e quindi i condensatori, prestando la dovuta attenzione al verso di quelli elettrolitici, seguendo il verso indicato per ciascuno nel relativo piano di montaggio.

Adesso inserite e saldate tutte le morsettiere richieste. Terminate le saldature, riferendovi sempre al piano di montaggio inserite le breakout board e lo shield display con pulsanti nei rispettivi strip, quindi rimuovete la morsettiera di alimentazione della breakout driver a MOSFET e con due spezzoni di filo introdotti nelle rispettive piazzole collegate queste ultime alle sottostanti piazzole della scheda base, stagnando bene su entrambi i circuiti.

Per l’alimentazione dovrete utilizzare un alimentatore in grado di fornire almeno 12Vcc e una corrente di 6 ampere (gran parte dei quali servirà a far funzionare il modulo Peltier); come accennato, l’alimentatore va connesso alla morsettiera PWR del circuito stampato.

Per quanto riguarda il contenitore o comunque la struttura meccanica dell’insieme, potete prendere suggerimento dalle foto del nostro prototipo pubblicate in questo articolo, ovvero dai rispettivi disegni scaricabili dal nostro sito web.

Comunque facciate, serve realizzare un tubo a sezione rettangolare nel quale passerà l’aria che raffredda il lato caldo del dissipatore, realizzando una feritoia prima di questo (nella direzione del flusso d’aria) in modo che da essa venga risucchiata l’aria che lambisce il dissipatore del lato freddo, per effetto Venturi.

Questo è un fenomeno fisico consistente nell’accelerazione del flusso d’aria nei passaggi a sezione ristretta e viene implementato in pratica restringendo il condotto di passaggio dell’aria aspirata dal lato di entrata in corrispondenza della lunghezza del radiatore del lato caldo (l’altezza del condotto dovrà essere poco più di quella del dissipatore) in modo che per mantenere costante il volume orario d’aria quest’ultima debba accelerare, creando una depressione che chiama aria dalla feritoia, la quale è affacciata su un condotto a sezione rettangolare da cui passa l’aria del lato freddo, per condensare.

La Fig. 4 mostra uno dei fianchi del mobile da noi realizzato in plexiglass e chiarisce come è fatta la sezione dei condotti suddetti.

 

 

Fig. 4 Fianco del mobile con in evidenza i passaggi d’aria.

 

Come vedete, la strozzatura del passaggio nella zona di raffreddamento del lato caldo determina l’aumento della velocità dell’aria che, per effetto della feritoia evidenziata dalla freccia aspira dal condotto del lato freddo l’aria, la cui umidità condensa sul dissipatore e gocciola (Fig. 5) seguendo il percorso inclinato che ne consente la raccolta.

 

 

Fig. 5 La condensa umida precipita dal dissipatore e gocciola uscendo attraverso il piano inclinato della struttura meccanica in plastica.

 

Naturalmente quella da noi proposta è una soluzione che abbiamo adottato perché consente di utilizzare un’unica ventola, ma non è l’unica: nessuno vi vieta di costruire la struttura in maniera da avere due percorsi completamente distinti per il raffreddamento del lato caldo della cella di Peltier e per il passaggio d’aria di cui condensare l’umidità sul lato freddo.

Il firmware

Bene, prima di passare agli aspetti pratici del progetto spendiamo qualche riga per analizzare lo sketch che viene eseguito nella scheda Arduino Nano per governare il progetto e che potete scaricare liberamente dalla sezione download di questo articolo.

Nella parte iniziale, vengono incluse le librerie di gestione che ci facilitano di molto la scrittura del codice, ossia quelle per lo shield LCD keypad, per il sensore di temperatura e umidità HTU21D, ma anche molto semplicemente la libreria che da sé esegue il calcolo della temperatura sulla base del valore assunto dalla NTC, incorporando il calcolo secondo la nota Equazione di Steinhart-Hart

#include <LiquidCrystal.h> 
//Libreria LCD base
#include <LCD_Key.h> 
//Libreria Tastiera + Display 16x2
#include <GyverNTC.h> 
//Libreria NTC
#include <SparkFunHTU21D.h> 
//Libreria per Temperatura/Umidità
#include <EEPROMex.h> 
//Libreria gestione EEPROM

#include “Configurazione.h” 
//File di configurazione locale

 

Viene infine incluso il file di configurazione a corredo del codice (configurazione.h) contenente le impostazioni del sistema, quindi si passa alle definizioni dei pin che, nello specifico, sono assegnati alla lettura del valore di tensione determinato dal termistore tramite il piedino analogico A1, al controllo in PWM del modulo Peltier (uscita digitale 11) ed al reset (3).

 

#define pin_NTC A1
#define pin_PELTIER 11
#define pin_RESET 3

 

C’è poi una porzione di definizione delle variabili utilizzate nella gestione del sistema, che riguardano sia la composizione e l’utilizzo del menù, sia la gestione dell’NTC e dell’uscita per il controllo della cella di Peltier, oltre che per il controllo del Dew Point.

Subito dopo si trova la sezione di definizione dello spazio di EEPROM di Arduino Nano che viene riservato alla memorizzazione dei parametri operativi del sistema e la definizione dell’hardware, dopodiché si entra nel setup del programma, dove troviamo le istruzioni per definire la modalità di funzionamento degli I/O digitali di Arduino Nano (pinMode(pin_PELTIER, OUTPUT); pinMode(pin_RESET, INPUT_PULLUP);) e l’inizializzazione della seriale, del display e delle variabili, oltre che della breakout board basata su HTU21D.

A questo punto si arriva al loop, ossia all’esecuzione del programma, che costituisce la parte più corposa dello sketch; in esso, per prima cosa Arduino Nano legge in EEPROM le impostazioni fatte dall’utente, ovvero quelle per default, quindi acquisisce ciclicamente lo stato del termistore per conoscere la temperatura del lato freddo della cella di Peltier e modula il segnale sul piedino 11 di conseguenza, tenendo conto di un minimo di isteresi.

Arduino acquisisce anche lo stato del sensore di temperatura e umidità dalla breakout board HTU21D e legge la condizione dei pulsanti dello shield. Se per il display è stata selezionata la schermata di notifica dei valori di temperatura e umidità ambiente, Arduino Nano pilota il display stesso per inviargli quelli attuali, memorizzati e aggiornati ciclicamente in EEPROM.

Se la schermata di menù richiesta prevede l’interazione con i pulsanti UP e DOWN, il firmware legge la rispettiva condizione e adegua i dati in EEPROM e la visualizzazione, andando poi ad eseguire nel successivo ciclo di loop quanto richiesto.

Per ragioni di spazio non riportiamo qui il listato dello sketch, che però potete scaricare dal nostro sito Internet al completo.

Come si usa: l’interfaccia utente

La gestione da parte di Arduino Nano ci permette di implementare una serie di funzionalità e impostazioni accessibili tramite display e pulsanti a bordo dello shield: nello specifico è possibile impostare il Dew Point, verificare la temperatura e umidità ambiente, oltre che la temperatura attuale della cella di Peltier sul lato freddo, così da poter verificare se il punto di rugiada impostato viene implementato o meno.

All’accensione del dispositivo, il display propone la scritta “Sistema avviato”: la ventola si mette a girare e il modulo Peltier inizia a funzionare, puntando al valore di temperatura del lato freddo memorizzato in precedenza, ovvero a quello predefinito dopo il reset; per prima cosa verificate che l’elettroventola di raffreddamento del lato caldo asporti l’aria, ovvero soffi verso l’esterno, altrimenti invertitela di posizione.

Dopo la scritta “Sistema avviato” viene visualizzata ciclicamente la schermata che mostra temperatura e umidità ambiente, oltre che temperatura del modulo Peltier e Dew-point.

Per andare alle pagine di impostazione bisogna premere il tasto SELECT; lo stesso per uscirne.

L’ordine di scorrimento delle schermate è quello visualizzato a destra nella Fig. 6 fermo restando che per passare da una schermata (relativo sottomenù) alla successiva si deve premere il tasto RIGHT, mentre per tornare alla precedente occorre agire su pulsante DOWN.

Fig. 6 Schermate e struttura del menù di impostazione.

Una volta entrati in una schermata e quindi nel rispettivo sottomenù, è possibile modificare i valori dei parametri corrispondenti attraverso la pressione dei tasti UP (incrementa) e DOWN (diminuisce).

Per quanto riguarda l’impostazione della temperatura minima di lavoro, è quella sotto la quale il sistema viene spento perché non serve la cella di Peltier per condensare l’umidità.

Quella massima di lavoro è la temperatura oltre la quale il sistema viene spento perché non riesce a raffreddare il lato caldo della cella di Peltier abbastanza da consentire al lato freddo di condensare l’umidità.

Nella pagina di menù dell’impostazione della massima e minima temperatura operativa è possibile anche definire la soglia massima di umidità oltre la quale il circuito si ferma.

Per la temperatura massima e minima di lavoro, UP e DOWN correggono di 0,1 °C per ogni pigiata del tasto.

Quando si arriva alla schermata di Reset, è possibile ripristinare i valori predefiniti del sistema semplicemente premendo il tasto SELECT, allorché lo schermo proporrà la scritta iniziale “Sistema avviato”.

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