AMPLIFICATORE CLASSE D SINGLE CHIP: Alto rendimento con poco calore da smaltire

Ormai la miniaturizzazione dei circuiti elettronici avanza inarrestabile e coinvolge anche quei dispositivi dell’elettronica tradizionale come gli amplificatori audio, che non ne hanno uno stretto bisogno, salvo quando debbano equipaggiare riproduttori musicali o tablet e console videogame portatili che richiedono qualche watt di buona qualità per riprodurre musiche a un buon livello sonoro senza occupare troppo spazio né consumare rapidamente le batterie.
In quest’ottica si collocano integrati di recente introduzione che funzionano in classe D, una particolare modalità che si basa sulla conversione dell’audio analogico in impulsi PWM la cui larghezza varia in analogia con l’ampiezza del segnale, i quali vengono poi amplificati in potenza da transistor (quasi sempre MOSFET) funzionanti in modo ON/OFF e perciò capaci di rendimenti elevatissimi per essere, infine, filtrati da celle LC del second’ordine formate da induttanze e condensatori, i cui valori e le cui dimensioni (di riflesso) sono tanto più contenuti quanto maggiore sarà la frequenza del PWM.
La scelta di utilizzare un “classe D” è ideale quando si tratta di limitare i consumi, dato che gli amplificatori funzionanti in questa classe hanno rendimenti che possono superare il 90%, contro il 55% tipico di quelli in classe AB; ad esempio, se prendiamo a riferimento i 10 watt che l’amplificatore qui descritto sviluppa per ciascun canale, con un classe AB determinerebbero un consumo di circa 18W, mentre in classe D la potenza complessivamente richiesta supera di poco gli 11 watt.
Integrati amplificatori in classe D per piccole potenze sono la soluzione ideale per i dispositivi audio funzionanti a batterie, dal momento che in queste specifiche applicazioni, tanta più energia si può risparmiare, tanto meglio è. Tra questi integrati figura il PAM8610, che possiamo considerare il “fratello maggiore” del più noto PAM8403 da noi utilizzato in vari progetti del passato.

Schema Elettrico

Schema elettrico

Il circuito che trovate in queste pagine è stato realizzando seguendo le raccomandazioni del costruttore e sfrutta la funzione di Shutdown implementata nel chip, che consente di accendere e spegnere l’amplificatore con un segnale logico, ovvero uno switch digitale attraverso il piedino 29; lo spiegheremo tra breve.
Ora diamo uno sguardo generale allo schema elettrico che vede al centro il PAM8610TR, un completo amplificatore in classe D a due canali (prodotto dalla Diodes, www.diodes.com) con ingressi sbilanciati e uscite a ponte, così da ottenere un’elevata potenza di uscita con bassi valori della tensione di alimentazione. La potenza erogabile in uscita con alimentazione a 13 V è di 10W per canale su altoparlanti da 8 ohm e gli stadi amplificatori sono caratterizzati da una bassa distorsione armonica.
Il doppio filtro LC posto all’uscita a ponte dei finali in classe D serve tipicamente per linearizzare il segnale d’uscita, che è composto da impulsi rettangolari ed è quindi spezzettato, condizione -questa- che crea distorsione armonica; inserendo un filtro LC accordato per la frequenza del PWM, il segnale si linearizza ma si pone il problema della rotazione di fase causata dal filtro stesso, che può essere opportunamente compensata o collocata fuori dalla banda passante.
Il filtro può essere minimizzato, ossia realizzato con componenti di ridotto valore, grazie all’elevata frequenza del segnale PWM (tipicamente 250 kHz) rispetto alla banda audio, che consente di minimizzare la distorsione armonica dovuta alle pause tra gli impulsi del segnale PWM.
L’integrato contiene uno stadio preamplificatore stereo (a due operazionali per canale) e un doppio modulatore PWM, ciascuna sezione del quale è composta da un comparatore ai cui ingressi vengono confrontati il segnale BF preamplificato e un’onda triangolare generata dall’oscillatore interno al componente. Ogni comparatore ha un’uscita differenziale che pilota un finale di potenza a MOSFET configurato a ponte, le uscite del quale sono applicate a una coppia di piedini “sollevata” da massa; i transistor del finale non richiedono polarizzazione perché funzionano pilotati dagli impulsi prodotti dal comparatore.
Il preamplificatore di ingresso prevede il controllo del guadagno attraverso un blocco di regolazione digitale del volume in 32 passi, che consente un’attenuazione compresa fra -75 dB (uscite praticamente tacitate) e 32 dB (massimo volume) intervenendo sul guadagno complessivo. Nel nostro caso il controllo digitale non viene utilizzato e l’amplificatore stereo lavora a guadagno fisso, determinato dal potenziale che l’uscita AVDD (piedino 3) del regolatore LDO interno applica al 5 (VOL) ed anche a VREF (piedino 4). Più esattamente, l’amplificatore, essendo AVDD pari a circa 3V, lavora con un guadagno di 32 dB, pertanto dovendo erogare alla massima potenza su 8 ohm una tensione efficace di circa 8,8 V e considerato che l’amplificatore è formato da due stadi a ponte che quindi devono fornire metà di tale tensione, 32 dB di guadagno implicano il raggiungimento della massima potenza con circa 200 mV a ciascun ingresso.
Completa la circuiteria interna al PAM8610 una logica che consente sia lo spegnimento controllato dal piedino /SHDN (l’IC resta alimentato ma assorbe pochissimo perché lo stadio di potenza, l’oscillatore e il modulatore PWM sono spenti) sia la tacitazione delle uscite (si ottiene con il piedino /FADE tramite un decoder che abbassa il guadagno degli stadi d’ingresso fino ad attenuare il segnale).
Vista l’esigua potenza che deve dissipare, l’integrato non richiede alcun dissipatore di calore, anche perché è un QFN che ha una parte metallica sotto il corpo (Fig. 1) per effettuare la dissipazione mediante le piste del PCB sottostanti.

Fig. 1

Se anche dovesse surriscaldare, il PAM8610 comunque dispone internamente di una protezione termica che gli impedirebbe di superare temperature pericolose.

 

 

Integrato PAM8610

Il componente chiave del nostro amplificatore è l’integrato SMD PAM8610TR della Diodes, che in un minuscolo package QFN da 6×6 mm racchiude un completo finale BF da 2x10W su 8 ohm in classe D, con tutti gli stadi visibili nello schema a blocchi proposto in questo riquadro. Gli input sono configurabili sia come bilanciati, sia come sbilanciati: quest’ultima è stata la scelta per il nostro amplificatore, infatti gli ingressi negativi sono stati portati a massa accoppiati ciascuno con un condensatore (C2 per il destro e C4 per il sinistro). Le uscite sono formate ciascuna da un ponte a MOSFET le cui due sezioni sono pilotate in controfase da due driver, ciascuno dei quali riceve impulsi logici opposti. L’integrato incorpora un controllo digitale del volume a 32 passi, che spazia da -75dB a +32dB in base alla tensione continua applicata al piedino VOL (variabile tra 0 e 3,1V corrispondenti rispettivamente a -75dB e 32 dB), una protezione da cortocircuito alle uscite e una protezione termica. Peraltro il volume può essere gestito parallelamente dalla funzione FADE, che consente di variare progressivamente il volume fino al valore richiesto durante l’accensione, nello Shutdown o durante i cambi di guadagno impostati con il piedino VOL. Una delle funzionalità del PAM8610 è il soft-start, ossia cortocircuitando il pin SD a massa si spegne l’integrato ma in dissolvenza sfumando la musica, mentre rilasciando il jumper SW, che permette la chiusura a massa, l’amplificatore viene riacceso gradualmente. Ciò risparmia il botto tipico di quando l’accensione avviene repentinamente, fornendo un effetto gradevole. Il piedino 29 (SD) è posto normalmente a livello alto dal resistore di pull-up R1 e quindi lasciando aperto SW l’amplificatore è acceso. Possiamo controllarlo anche con un segnale logico o meglio con l’uscita open-collector o open-drain di un circuito.

Bene, dopo aver fatto una panoramica sulle caratteristiche dell’integrato, vediamo come viene utilizzato nel nostro amplificatore stereo: la configurazione non si discosta molto dallo schema applicativo consigliato dal costruttore nel datasheet, infatti troviamo gli ingressi L ed R accoppiati mediante due condensatori ciascuno, giacché nativamente sono bilanciati ma li utilizziamo nella configurazione sbilanciata. Ogni condensatore serve a separare la componente continua che polarizza il preamplificatore d’ingresso dai contatti di input del circuito; C1 e C3 trasportano il segnale dai contatti di ingresso rispettivamente RIN e LIN all’integrato, mentre C2 e C4 chiudono a massa RINP e RINN.
Il guadagno dei preamplificatori d’ingresso è deciso, oltre che dal blocco di controllo del volume, da un resistore interno all’integrato, posto in serie ai piedini 1, 10, 2, 9.
Gli stadi di uscita sono a ponte per ciascun canale, quindi hanno ciascuno due uscite, ognuna delle quali ha un condensatore di bootstrap (C12 tra LOUTN e BSLN, C13 tra LOUTP e BSLP, C14 tra ROUTN e BSRN e, infine, C15 collegato fra ROUTP e BSRP) che riporta allo stadio pilota dei MOSFET di uscita.
Per ciascuna delle uscite del ponte di ognuno dei due canali è previsto un filtro LC che riconverte gli impulsi PWM in segnale audio, portando ai contatti di ROUT e LOUT segnali in controfase con cui viene pilotato l’altoparlante di ciascun canale; per l’esattezza, per ROUT abbiamo l’uscita negativa su R- e la positiva su R+, mentre per LOUT l’uscita positiva è L+ e quella negativa fa capo ad L-.
Da notare che ciascuna uscita degli stadi a ponte fa capo a due contatti, allo scopo di favorire la distribuzione della corrente ed evitare il surriscaldamento dei singoli pad.
Proseguiamo con l’analisi dello schema elettrico e andiamo all’oscillatore interno che genera la forma d’onda triangolare che verrà confrontata con il segnale audio per generare il PWM: la sua frequenza è determinata dal condensatore C17 (collegato al contatto Cosc) e dalla resistenza R2 (connessa tra il contatto Rosc e massa).
Al piedino 29 fa capo la funzione di Shutdown, attiva con piedino a livello basso; a riposo R1 mantiene il contatto SD a livello alto consentendo il normale funzionamento, mentre unendo i punti 1 e 2 del connettore SW si manda in spegnimento graduale l’amplificatore: il volume viene rapidamente abbassato sfumando la musica e poi tutti i blocchi vengono spenti, ad eccezione dell’unità di controllo che fa capo, appunto, al comando di Shutdown.
Invece al contatto 8 fa capo la funzione di FADE, che consiste nel graduale abbassamento del volume fino al minimo se lo stesso contatto viene posto a massa, ovvero nel graduale passaggio al volume richiesto durante l’accensione; nel nostro circuito non utilizziamo tale opzione e quindi il pin 8 è posto fisso a livello alto.
Completiamo l’analisi circuitale con l’alimentazione, che va applicata ai punti PWR e che attraverso la coppia di diodi D1-D2, posti in parallelo per ripartirsi la corrente e limitare, a parità di corrente che li attraversa, la caduta di tensione (nel diodo reale la caduta diretta risente, seppure in misura limitata, della corrente diretta, quindi quella di due in parallelo è inferiore alla caduta di un diodo che debba sopportare l’intera corrente del circuito), raggiunge i condensatori di filtro C22, C23, C5 e C6. Dai catodi di D1 e D2 (componenti montati per proteggere l’amplificatore dall’inversione di polarità) parte la linea di alimentazione positiva, che porta ai piedini 26 (AVCC, ossia alimentazione degli stadi d’ingresso) 12 e 19 (alimentazione stadio di potenza per il canale sinistro, coppia di pin PVCCL) e 32/39 (PVCCR, coppia di contatti di alimentazione del finale destro).
La distinzione dei piedini degli stadi finali destro e sinistro e della sezione d’ingresso è stata voluta, come del resto la ripartizione delle masse, per evitare che l’abbassamento di tensione causato dalla pulsazione dei MOSFET dello stadio di potenza pilotato dagli impulsi del modulatore PWM e dovuto alla resistenza delle piste e dei piedini, per quanto minimo possa rientrare nei preamplificatori d’ingresso determinando fenomeni di instabilità e disturbi.
Per tenere separate le linee di alimentazione abbiamo progettato il circuito stampato in modo da far partire dai contatti dei condensatori di filtro C5, C6, C22, C23, ovvero dai catodi dei diodi e dalla massa del PWR (contatto 1) piste distinte per le due alimentazioni, filtrando localmente, vale a dire a ridosso ai piedini appena descritti, le tensioni mediante condensatori ceramici (gli elettrolitici non servono perché le frequenze in gioco sono alte e quindi bastano dei ceramici da qualche centinaio di nanofarad). Infatti per PVCCR abbiamo C7 e C8 e per PVCCL i condensatori C24 e C25.
Alle uscite dei due canali (L- ed L+ per il sinistro e R- e R+ per il destro) si connettono direttamente gli altoparlanti: non serve alcun condensatore di disaccoppiamento perché tali uscite sono a ponte e comunque lavorano in modo on/off, perciò a riposo non hanno potenziale alcuno; l’unica differenza rispetto a delle uscite tradizionali (dette anche single-ended) è che non sono riferite a massa, quindi gli altoparlanti vanno collegati tra i piedini di uscita e non verso massa.
Tale collegamento è comunque possibile, tuttavia la potenza in uscita diventerebbe praticamente un quarto di quella dichiarata dal costruttore, cioè 2,5W per canale.
Inoltre, non si possono e non si devono unire i negativi degli altoparlanti dei due canali, perché internamente sono separati (non c’è alcun comune); se si unissero i negativi, gli integrati potrebbero danneggiarsi.

Piano di montaggio

Elenco Componenti:
R1: 10 kohm (0603)
R2: 120 kohm (0603)
C1, C2, C3, C4, C7, C8 : 1 µF ceramico (0603)
C9, C10, C11, C12, C13: 1 µF ceramico (0603)
C14, C15, C16, C18, C19, C20, C21, C25: 1 µF ceramico (0603)
C23: 100 nF ceramico (0603)
C6, C8, C24, C22: 10 µF ceramico (0805)
C17: 220 pF ceramico (0603)
L1, L2, L3, L4: Induttanza 1 mH (0805)
U1: PAM8610TR
D1, D2: 1N4148W-7-F
Circuito stampato S1473 (26×31 mm)

Realizzazione pratica

Il circuito è tutto realizzato con componentistica SMD, ragion per cui, per quanto sia formato da pochissimi elementi, il montaggio richiede un minimo di attenzione, nonché un saldatore a punta finissima, della lega saldante in filo da 0,5 mm di diametro e una lente d’ingrandimento. Inoltre, per meglio propagare il calore dal PAM8610 alla pista sottostante è preferibile procurarsi una stazione ad aria calda.
Particolare cura è richiesta proprio dall’integrato PAM8610, che è incapsulato in contenitore QFN da appena 6×6 mm con ben 10 pin per lato (40 in tutto, visto che è quadrato). Ottenuta la basetta, che si ricava per fotoincisione partendo dalle tracce lato rame (il circuito è a doppia faccia) scaricabili dalla sezione download di questa pagina, si monta per primo il circuito integrato, da centrare nelle piazzole dei relativi piedini, quindi saldare dopo aver spalmato della pasta flussante sui suoi contatti e aver sciolto una goccia di lega saldante sul pad centrale, quindi appoggiando l’integrato con una pinzetta (orientato come indicato nel piano di montaggio) e scaldandolo da sopra, fino a vederlo adagiarsi sulle rispettive piazzole.
A quel punto si toglie il getto d’aria calda e si lascia raffreddare, per poi procedere alla saldatura degli altri componenti, ossia diodi (prestando attenzione alla polarità indicata), resistenze e condensatori, appoggiandoli alle rispettive piazzole e stagnando un lato alla volta. Le saldature riescono meglio se si spalma con un pennellino, prima di effettuarle, del flussante in pasta sulle piazzole corrispondenti: servirà a far aderire e fondere prima la lega saldante e ad evitare di unire i pin vicini quando si salda l’integrato.
Completato il montaggio, l’amplificatore è pronto per l’uso: non c’è alcuna regolazione da effettuare e se non desiderate la funzione Shutdown non serve realizzare alcun ponticello.
L’alimentazione da applicare al circuito per avere la potenza attesa dev’essere compresa tra 11 e 13V; la corrente assorbita dipende dalla tensione e dall’impedenza degli altoparlanti: a 13 V con altoparlanti da 8 ohm, la potenza d’uscita è quella massima (2x10W) e quindi la corrente assorbita dall’alimentazione è intorno agli 1,1 A per canale, vale a dire 2,2 ampere complessivi.
La massima potenza dissipata dall’integrato a 2x10W su 8 ohm è dell’ordine di 2,2 watt; considerato che la resistenza termica tra semiconduttore e ambiente è 18,1 °C/W, il componente può funzionare anche senza dissipatore, ovvero montandolo in modo che il pad metallico sotto al suo corpo venga in contatto con le piste del PCB mediante lo scioglimento di una goccia di stagno durante la saldatura.

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